Crolla "Gotha", figuraccia di de Raho

Scritto il 14/12/2025
da Felice Manti

La Cassazione smonta il processo voluto dal procuratore oggi deputato dei 5Stelle

Doveva essere l'ennesimo processo del secolo contro la magmatica 'ndrangheta, la sentenza della Cassazione al processo Gotha in abbreviato che "assolve" senza rinvio una delle conclamate eminenze grigie della mafia calabrese. È schiaffo alla verità storica ma anche ai signori del "No" al referendum sulla riforma della giustizia, da Federico Cafiero de Raho al pm Giuseppe Lombardo.

Sono da poco passate le 23 di venerdì quando la Corte di Cassazione cancella "perché il fatto non sussiste" la condanna a dieci anni di reclusione a carico dell'avvocato Giorgio De Stefano, 77 anni, uno degli esponenti del principale casato di 'ndrangheta, con un pedigree criminale conclamato da altre sentenze irrevocabili nonché primo cugino dell'omonimo Giorgio e di Paolo De Stefano, la cui morte 40 anni fa nell'ottobre del 1985 sancì la seconda guerra che fino al 1991 fece una media di 100 morti all'anno. L'idea che ci sia una "struttura riservata" è storicamente ragionevole, ma la Corte di Cassazione ha sostenuto con motivazioni tecniche che quella cupola di "invisibili" fosse già individuata da altri procedimenti, a partire dal primo maxiprocesso alla 'ndrangheta Olimpia degli anni Ottanta.

L'errore di De Raho e di Giuseppe Pignatone, suo predecessore a capo della Procura di Reggio Calabria, è stato rendere un processo già vinto nell'ennesima tesi ideologica che mescola mafia, 'ndrangheta, servizi segreti deviati, massoneria ed eversione nera. Una parte di questi imputati ha scelto il rito ordinario - la sentenza è attesa a giorni - il più importante è Paolo Romeo, considerato il personaggio chiave tra politica e mafia calabrese, anche lui già condannato in passato per concorso esterno e già finito in un'altra inchiesta bufala, la famigerata Sistemi criminali di Roberto Scarpinato, guarda caso collega di parlamento di de Raho nei Cinque stelle.

Questa presunta piramide 'ndranghetista avrebbe condizionato elezioni e carriere di politici, magistrati, imprenditori e personaggi delle istituzioni a partire dalla fine della prima guerra di mafia tra il 1969 e il 1970 vinta da De Stefano attraverso la Mammasantissima, dal nome di una delle cinque inchieste confluite nel faldone (con Sistema Reggio, Fata Morgana, Reghion e Alchimia), condotte dai principali pm della scuderia de Raho che oggi difendono il "No" alla separazione delle carriere, dall'aggiunto Gaetano Paci ai pm Roberto Di Palma, Giulia Pantano, Giuseppe Lombardo, Stefano Musolino e Walter Ignazitto.

Questa sentenza riscrive in parte la letteratura mafiosa e demolisce la fama del de Raho astuto cacciatore di boss che i grillini rivendicano in commissione Antimafia di fronte al suo conflitto d'interessi nel caso dei dossier legati a Pasquale Striano, ufficiale Gdf che ha legato il suo nome anche a un'altra inchiesta flop fatta a Reggio, quella contro l'ex ministro dell'Interno Roberto Scajola e l'inesistente Spectre affaristico-mafiosa di cui avrebbe fatto parte.