"Con questi regolamenti che modificano le norme sui rimpatri e sui paesi di origine sicura ci candidiamo a fare in 28 giorni, un mese, quello che oggi statisticamente avviene in anni. Già solo questo rende incomprensibile l'opposizione pregiudiziale di chi è contrario. Non mettiamo in discussione i canoni fondamentali del diritto di asilo, ma diciamo che è opportuno che queste cose vengano verificate in tempi opportuni affinché le persone non usino lo strumento nobile del diritto di asilo per fare ingresso in maniera strumentale nei territori europei per poi confondersi e disperdersi".
È da questa affermazione, pronunciata dal ministro dell'Interno Matteo Piantedosi dal palco della Festa di Atreju, che prende forma quella che potrebbe essere una vera e propria svolta nella gestione dei richiedenti asilo. Una svolta che punta a comprimere drasticamente i tempi delle procedure, senza mettere in discussione i diritti.
Il panel "Lotta ai trafficanti, frontiere più sicure", guidato da Gabriele Barberis, capo della redazione politica de il Giornale, chiama a confrontarsi esponenti di primo piano delle politiche migratorie europee. Piantedosi rivendica il via libera del Consiglio europeo ai regolamenti sui Paesi di origine sicuri come un cambio di paradigma: da procedure che duravano mesi o anni a verifiche concentrate in poche settimane. "È incomprensibile ha detto l'opposizione pregiudiziale a un sistema che consente di distinguere rapidamente chi ha diritto alla protezione da chi no".
Nel suo intervento, il ministro risponde anche alle critiche sul cosiddetto "modello Albania", parlando di decisioni giudiziarie che avrebbero portato al rilascio di soggetti riconosciuti vulnerabili "perché dicevano di soffrire di insonnia", salvo poi vederli tornare a delinquere in Italia. Un'esperienza che, secondo Piantedosi, rafforza la necessità di regole europee più chiare e uniformi. "Con nuovi regolamenti non dovremmo più assistere a sentenze fantasiose che riconoscono le esigenze di proteggere le persone magari per il fatto che queste dichiarano all'ingresso che il papà le ha sgridate e quindi hanno paura di tornare indietro per non incorrere nei propri genitori. Questo è quello con cui ci siamo dovuti confrontare, questo è il presunto fallimento dell'Albania e questo è quello che noi cureremo".
Accanto alla linea italiana, trova spazio il riferimento esplicito al modello greco, illustrato dal ministro delle Migrazioni e dell'Asilo Athanasios Plevris. Atene ha scelto un'impostazione dichiaratamente legalitaria: procedure accelerate, rimpatri più rapidi e detenzione come strumento di deterrenza per chi resta irregolarmente sul territorio dopo il rigetto della domanda d'asilo. Un approccio che ha fatto discutere, ma che come ricordato durante il dibattito mira a ristabilire il principio secondo cui chi non ha diritto alla protezione internazionale non può rimanere indisturbato nello Stato ospitante.
Sul piano europeo, il commissario Magnus Brunner parla di un "impatto storico" delle nuove politiche, rivendicando la riduzione degli sbarchi e l'accordo sui rimpatri come risultati concreti di una cooperazione rafforzata con i Paesi terzi. Una strategia che l'Italia, secondo Piantedosi e la deputata di Fdi Sara Kelany, ha contribuito a orientare, passando da osservata speciale a protagonista del dibattito. "Ringrazio il commissario europeo Brunner perché dal momento dell'assunzione del suo incarico c'è stato un cambio di passo in Europa. Ci prendiamo i nostri meriti. Cominciammo questa esperienza come osservati speciali, soprattutto dall'Europa, poi l'Italia ha saputo giocare un ruolo da protagonista insieme agli altri Paesi Ue e alla Commissione. Abbiamo cercato di collaborare con la Commissione portando un pacchetto di proposte condivise. Al di là dei contenuti abbiamo svolto un'azione di carattere diplomatico e di condivisione per poi semplificare l'azione della Commissione".
