I dubbi del governo e il no di Salvini

Scritto il 14/12/2025
da Adalberto Signore

Fidanza (Fdi): alcune perplessità giuridiche Il vicepremier leghista: Ue boicotta la pace

Che il governo italiano avesse enormi dubbi sull'utilizzo dei 210 miliardi di euro di asset russi congelati per garantire il "prestito di riparazione" da 90 miliardi per l'Ucraina è stato chiaro fin da subito. Tanto che venerdì scorso il via libera dell'Italia all'immobilizzazione dei beni di Mosca - precondizione necessaria per poi decidere di utilizzarli a garanzia delle risorse finanziarie da destinare a Kiev - è stato "condizionato" al continuare a esplorare "ipotesi alternative" come "un prestito Ue" o "una soluzione ponte".

Tutti dubbi che ieri sono stati messi nero su bianco dal governo italiano. E questa volta - a differenza per esempio di quanto accade ormai da inizio legislatura sul rinnovo del decreto armi per l'Ucraina - senza neanche troppi distinguo all'interno della maggioranza. Al netto delle sfumature, infatti, le perplessità di Palazzo Chigi - e quindi di Giorgia Meloni - sono le stesse manifestate dal vicepremier Antonio Tajani. "Abbiamo approvato la proposta di congelare" gli asset russi, spiega il leader di Forza Italia, ma adesso "l'utilizzo di questi beni per finanziare Kiev non è un passaggio automatico". "Abbiamo serie perplessità dal punto di vista giuridico, perché - aggiunge Tajani - se poi dovesse esserci una causa da parte russa e dovessimo perdere sarebbe un danno non solo per l'Italia ma per l'Europa intera". Esattamente le stesse perplessità arrivano da Fratelli d'Italia. "Fermo restando il sostegno all'Ucraina - spiega Carlo Fidanza, vicepresidente di Ecr e capo delegazione di Fdi a Bruxelles - riteniamo necessario che si continui a lavorare sul piano tecnico-giuridico per trovare una soluzione sostenibile per i bilanci nazionali". "Vale per il Belgio, ma - aggiunge Fidanza a margine della kermesse di Atreju - vale anche per altri Stati europei interessati come l'Italia".

Su 210 miliardi di euro di asset russi in Europa, infatti, 185 sono ospitati proprio in Belgio attraverso Euroclear (società di servizi finanziari che ha sede a Bruxelles). I restanti 25 miliardi, invece, sono distribuiti tra Francia, Germania, Italia, Svezia e Cipro. Una delle ragioni per cui a Palazzo Chigi auspicano soluzioni "sostenibili" e che prevedano condivisione del rischio tra tutti i Paesi dell'Ue. Una posizione che dà forza ai dubbi già manifestati dal Belgio e che, visto il peso dell'Italia a Bruxelles, non facilita affatto il raggiungimento di un'intesa all'ultimo Consiglio europeo del 2025 che si terrà la prossima settimana.

Sulla questione è intervenuto anche Matteo Salvini, ovviamente con toni ben più netti. "Lo ritengo un azzardo, un'imprudenza. E bene ha fatto il governo italiano. Perché - dice il vicepremier leghista - siamo in un libero mercato e non siamo in guerra contro la Russia". Poi l'affondo: "O stanotte qualcuno a Bruxelles, a Parigi, a Berlino ha dichiarato guerra alla Russia, oppure a me sembra che a Bruxelles qualcuno stia scherzando col fuoco". Insomma, non solo una presa di distanza ma anche l'ennesimo affondo contro l'Unione europea. Con un corollario: "Dicono che prendo ordini da Vladimir Putin, ma la sera chiamo mia figlia e non il Cremlino".

Altro fronte è quello della proroga al decreto sugli aiuti militari a Kiev. Sempre rinnovato, come accaduto ormai ogni fine anno dall'inizio della legislatura, con buona pace dalle prese di distanza di Salvini. Tanto che nonostante le rassicurazioni arrivate venerdì sera ad Atreju dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giovanbattista Fazzolari, ieri mattina il senatore leghista Claudio Borghi ha ritenuto opportuno ribadire che "la Lega non voterà una semplice ed ennesima riproposizione del vecchio decreto armi" e che serve un segnale di "cambiamento" e "discontinuità" che "tenga conto dei negoziati" di pace "in corso". Una dichiarazione niente affatto casuale e, anzi, sollecitata proprio da Salvini. In verità, ancora una volta, sul via libera al decreto Ucraina entro il 31 dicembre dubbi non ce ne sono. "Siamo al fianco di Kiev e - spiega a marine di Atreju il ministro dei Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani - alla fine questo decreto verrà approvato, esattamente come tutti gli altri in precedenza".