C'è un movimento nuovo, quasi controcorrente, nel gelo che da anni avvolge l'Europa orientale. Un segnale che arriva da Minsk e da Washington, e che potrebbe avere riverberi ben oltre i confini della Bielorussia. Gli Stati Uniti hanno avviato la revoca delle sanzioni sul potassio bielorusso, settore strategico dell'economia del Paese, mentre il presidente Lukashenko, su esplicita richiesta americana, ha risposto con un gesto di forte impatto politico e simbolico: la grazia a 123 detenuti (uno americano), molti dei quali prigionieri politici, cui si aggiungono altre 33 persone già liberate nelle scorse settimane. In totale, 156 scarcerazioni.
È lo stesso ufficio presidenziale di Minsk a legare la decisione alla nuova fase dei rapporti con Washington e agli accordi raggiunti con il presidente Trump. Un linguaggio inusuale, che parla di «fase pratica del processo di revoca di altre sanzioni illegali», e che considera questo
passaggio non episodico ma strutturale.
Tra i detenuti liberati figurano nomi che per anni sono stati il simbolo della repressione post-elettorale del 2020: Ales Bialiatski, Nobel per la Pace 2022 e figura storica della difesa dei diritti, Maria Kalesnikava, volto delle proteste di massa contro Lukashenko, e Viktar Babaryka, banchiere e candidato presidenziale arrestato alla vigilia del voto. Insieme a loro, attivisti, giornalisti, blogger, semplici cittadini accusati di estremismo o di minaccia alla sicurezza nazionale. Grazie anche alla mediazione degli Stati Uniti, cinque cittadini ucraini detenuti per motivi politici in Bielorussia sono rientrati in patria, accolti dal capo dell'intelligence Budanov.
Il gesto di Minsk è arrivato a stretto giro dalle parole di John Coale, inviato speciale di Trump per la Bielorussia, che a Minsk ha annunciato la revoca delle sanzioni sul potassio. Coale ha incontrato Lukashenko nel fine settimana, rompendo un isolamento diplomatico che durava da anni e che aveva trasformato la Bielorussia in una propaggine quasi esclusiva dell'influenza russa.
La posta in gioco va oltre i diritti umani, pur centrali. Il potassio bielorusso è una leva economica decisiva: Minsk è tra i maggiori esportatori mondiali, e le sanzioni occidentali avevano colpito duramente le entrate statali. La
revoca rappresenta ossigeno per un'economia sotto pressione e, al tempo stesso, uno strumento di influenza per Washington.
Resta da chiedersi se questo disgelo possa avere un impatto positivo sul conflitto tra Russia e Ucraina. Lukashenko resta un alleato stretto di Putin e ha consentito l'uso del territorio bielorusso per linvasione del 2022. Ma ogni spiraglio che riduca la sua dipendenza esclusiva da Mosca è osservato con attenzione. Una Minsk meno isolata potrebbe avere interesse a fungere da canale di comunicazione informale.
Non si tratta di illusioni né di riabilitazioni improvvise. Lukashenko governa da oltre trent'anni con il pugno di ferro e il sistema autoritario resta intatto. Ma la politica internazionale vive anche di crepe e di scambi asimmetrici. La liberazione di prigionieri politici in cambio di aperture economiche è un classico della diplomazia pragmatica, soprattutto quando il conflitto ucraino mostra segni di stallo e cresce la ricerca di canali alternativi
